BUON ANNO

Quando ero bambina mio zio Maurizio, gestiva nella stagione invernale una baita in montagna, mentre in quella estiva un albergo al mare. Mio zio era un uomo bellissimo di un fascino irresistibile, un gentiluomo come pochi. Aveva una classe innata, nel suo lavoro era veramente un professionista. Era cosi’ bello che io bambina, lo immaginavo come un mio eroe o come il principe azzurro. Nella baita in montagna, per l’ultimo dell’anno, si organizzava una grande e sontuosa festa. Tutti i miei familiari erano, loro malgrado, reclutati per l’evento. Avendo meta’ parenti ristoratori, e meta’ addetti alle poste, si capiva da subito chi avrebbe fatto il lavoro “davanti” e chi il “dietro le quinte”. Di questi i piu’ carini e capaci sarebbero stati camerieri, le donne in cucina o in guardaroba, tutti gli altri avevano solo posti specifici e super professionali. Lo zio Bruno era stato chef nella nave reale, lo Zio Oscar primo cameriere al Caffe’ Pedrocchi, mio papa’ aveva lavorato per anni al Des Bain di Venezia con mio zio Maurizio. Ricordo, la sala grandissima, dove c’era un tavolone ricoperto da una tovaglia bianchissima lunga fino a terra. Sopra c’erano un sacco di piatti, ognuno dei quali conteneva, per me, una specie di tesoro. I colori dei cibi e le forme erano spettacolari. Le costruzioni di gelatina, sembravano scrigni di cristallo pieni di pietre preziose. I giganteschi pesci di insalata russa decorati come quelli tropicali. Le aragoste troneggianti su basi di verdure e salse. I fagiani iridescenti, immobili con le ali aperte sopra nidi di arrosti profumati, poi un unfinita’ di antipasti preparati in costruzioni bellissime. Io non capivo che erano veramente cose da mangiare, pensavo fossero tipo decorazioni. Dalla mia piccola statura ed eta’, avevo piu’ o meno cinque anni, non capivo come mai, non arrivava la pastasciutta e perche’ nessuno o quasi mangiasse seduto. Visto che mia nonna ogni volta che provavo ad alzarmi mentre ancora masticavo me le suonava senza problemi. I bambini in sala non potevano stare, ma noi piccoli riuscivamo qualche volta a nasconderci dietro a qualche tenda o mobile. Solo cosi’ potevamo vedere quello spettacolo. Le signore facevano il loro ingresso con immense pellicce, per poi una volta tolte, lasciare apparire luccicanti e lunghissimi abiti da sera, scollatissimi. I signori tutti in smoking, elegantissimi. Io che rimanevo in guardaroba con mia mamma, mi coccolavo nelle pellicce morbide e aspiravo profondamente le intense fragranze di cui erano intrise. L’orchestra suonava e i ballerini danzavano, i vestiti vaporosi disegnavano volute leggere intorno alle signore, che io immaginavo come principesse. Nel frattempo ricordo i visi stravolti degli zii, l’inferno della cucina, dove tutti urlavano e correvano, le gambe gonfie della nonna, che aveva stirato per due giorni interi tutto il tovagliato e tutte le divise di tutti. Gli occhi azzurri fuori dalle orbite di mia zia Norina che per tre giorni doveva fare la baby-sitter, la lavapiatti e la domestica. Allo scoccare della mezzanotte c’era lo spumante da stappare, i coriandoli i cappellini e via con i botti dentro e fuori la festa. L’unica cosa di sgradito per me era vedere mio cugino portare a quelle meravigliose signore eleganti il mazzetto di violette augurando il buon anno. Lo odiavo e odiavo chi piu’ di lui aveva tirato fuori che l’augurio fatto da una donna porta sfortuna e poi a lui cosa interessava vedere da vicino quelle parure incantevoli. Mi ricordo che in un capodanno veramente rigido un signora tedesca particolarmente ubriaca usci’ nel buio della notte, era abbastanza formosa e vestita di sola seta. La sua fortuna fu che mio zio aveva un meraviglioso pastore tedesco da portare a fare la pipi’. Cosi’ qualcuno porto’ fuori la bestiola e lui trovo’ la signora mezza ibernata. Subito si chiamo’ l’ambulanza, la signora fu coperta e portata davanti al camino, tra le maledizioni dei vari zii e zie. Appena fu in grado di parlare chiese subito del whisky e lo zio glielo porto’ opportunamente scaldato. La leggenda narra che lo zio all’insaputa della zia avesse scaldato la signora anche in un altro modo, ma questo forse e’ solo leggenda. All’alba tutto era come un gran campo di battaglia immerso nel silenzio e nel fumo. I miei parenti come guerrieri sfiancati giacevano sulle sedie, chi fumava, chi senza scarpe mangiava qualche avanzo. Le ultime retroguardie si regalavano ancora un brindisi, mentre una mano cara mi accarezzava i capelli e mi dava la buona notte.

D.R.C.

Ps. Ho visto le foto della scrittrice, da piccola, aveva dei lunghissimi capelli neri e un vestitino di vellutino rosso, una bambina bellissima.

A.L.

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